Il 18 maggio sono partita con un piccolo gruppo di amici, clienti affezionati e nuovi volti curiosi. Destinazione: Uzbekistan.
“Perché proprio lì?”, mi hanno chiesto in tanti.
E io, con un sorriso: “Perché no?”
Come ho letto su una guida :”L’idea di un viaggio in Uzbekistan è una prospettiva che suona misteriosa e ricca di magie. I nomi al contempo familiari e misteriosi, di Samarcanda e della Via della Seta risuonano con una promessa di suggestioni ed esotismi.Altri nomi, come quelli di Bukhara e Khiva, sono meno noti ma una volta scoperte queste mete ci pentiremo di non averle conosciute prima. Se l’idea del viaggio è suggestiva, il viaggio in sè lo è ancora di più”
C’è una magia in questi nomi che evocano antiche carovane e storie millenarie luoghi che sembrano usciti da un sogno. L’Uzbekistan non è ancora assalito dal turismo di massa, e io speravo di trovarci autenticità. E così è stato.
Il mio viaggio parte da Savona, con un treno “ballerino” fino a Malpensa – guasti, ritardi e una buona dose di ansia inclusi nel biglietto! Lungo il percorso incontro i primi partecipanti, con il resto del gruppo ci vediamo in aeroporto.
Milano – Istanbul , in piena notte attraversiamo tutto l’aeroporto di Istanbul per arrivare al gate del nostro volo per Tashkent, camminiamo per 20 minuti senza sosta, non per niente è uno dei più grandi del mondo, e poi Istanbul -Tashkent, i passeggeri cambiano aspetto, cominciamo ad entrare in Asia Centrale.
Partiamo alle 20.00 ed arriviamo alle 8.30 ora locale (da noi sono le 5.30). Scendendo dalla scaletta dell’aereo, nel sole del mattino, si ripete la solita magia che accade quando attraversiamo un confine, quando ci accorgiamo che qualche dettaglio è cambiato. In questo caso il dettaglio che mi ha colpito era la luce, intensa eppure tale da rendere tutti i colori poco saturi, quasi pastello, a cominciare dalle carcasse dei vecchi jet sovietici in disuso parcheggiati ai lati delle piste.
La nostra guida ci attende fuori dall’aeroporto. Andiamo in hotel, ci riposiamo qualche ora e via, alla scoperta della capitale.
La città, spesso snobbata, si rivela invece una bella sorpresa. Distrutta più volte nel corso della storia è la città più grande e tra le più antiche dell’Asia Centrale, tra il moderno ed il decadente, con le sue architetture in stile sovietico – tra cui spicca l’Hotel Uzbekistan, in puro stile brutalista – il suo mercato coperto più grande dell’Asia Centrale, la sua città vecchia con moschee e madrasse, è una città che ha il suo fascino e merita uno sguardo.
Dopo aver visitato la città, un po’ affaticati dal viaggio, salutiamo la nostra deliziosa guida di Tashkent, una giovanissima 19enne alle prime armi, che non sembra stia studiando l’italiano soltanto da un paio d’anni, ha vinto una borsa di studio per venire in Italia e quest’estate sarà a Perugia..lei che non é mai uscita dal paese. Per gli uzbeki, infatti, venire in Europa per turismo non è certo una passeggiata dovendo presentare un bel po’ di carte e garanzie per cui servono mesi per il visto. Andiamo in stazione e treno veloce verso Samarcanda. Al momento la linea veloce tra Bukhara e Khiva non è ancora stata completata, si pensa entro fine 2025 grazie all’aiuto dei cinesi, quindi per chi vuole viaggiare in autonomia l’ideale è fare comunque un trasferimento con un autista privato, dato che guidare da queste parti non é semplice, le regole della strada sono piuttosto artistiche e personalizzate. Per chi vuole, con tempo e pazienza si può fare un viaggio lento con i normali treni locali, senza aria condizionata ma economico ed a contatto con le persone, che potrebbe essere un ulteriore viaggio nel viaggio!
Poi Samarcanda, crocevia di culture, la Babilonia d’Oriente. E lì il cuore batte più forte. Piazza Registan è un colpo d’occhio che lascia senza parole: ti toglie il fiato e ti fa venire i brividi. Ogni angolo è intriso di storia, bellezza e leggende. Talmente bella da non sembrare vera.
Vedete il minareto di destra nella foto qui sopra? Vedete che pende verso sinistra? Beh la leggenda narra che inizialmente pendesse verso destra, e cioè verso la moschea e la Mecca, e quindi, per scongiurare una sciagura, l’architetto dell’epoca lo fece ruotare di 180° e via, così al massimo sarebbe caduto sulla madrasa ed i suoi studenti..il minareto è alto 33 metri e l’epoca di cui si parla è il XV secolo, più facile sia una leggenda che la realtà dei fatti, ma anche qui sta il bello di questa cultura, nella sua magia.
Piazza Registan, il cui significato è “luogo della sabbia” che un tempo era dove si svolgeva la vita pubblica e sociale della città (ed anche dove si facevano le esecuzioni di donne fedifraghe e non solo..così per dire…) è tanto bella di giorno quando di notte tutta illuminata!
Ci sarebbe molto da dire e da raccontare su questi luoghi,ma vi lascio la curiosità di andarli a scoprire da voi , di farvi raccontare curiosità ed aneddoti dalla vostra guida e quindi partire con meno aspettative possibili e lasciarvi stupire come é stato per me!
Dopo una giornata intera di visite di Samarcanda, con il suo mercato, la sua gente, la necropoli (piccola e stretta, l’opposto di Piazza Registan ma altrettanto affascinate) ,dopo pranzi e cene in ristoranti locali. La cucina uzbeka è sana e saporita: si comincia sempre con delle insalate con verdure varie, melanzane pomodori carote, poi una zuppa di zucca o di ceci o con pasta ripiena tipo i nostri cappelletti, oppure degli involtini di carne o verdure, e come secondo un piatto a base di carne oppure di pasta, come ravioli o tipo le nostre tagliatelle… quelle di aneto, verdi, ad esempio, sono tipiche di Khiva e si mangiano accompagnate ad una sorta di spezzatino, a me sono piaciuti assai, al resto del gruppo il piatto che in generale è piaciuto meno. C’è poi il PLOV, il piatto tipico uzbeko per eccellenza a base di riso carne e verdure la cui particolarità è la cottura, si cuoce tutto separatamente nella stessa pentola e solo alla fine, una volta nel piatto i vari ingredienti si uniscono..ah coriandolo ovunque!
[Qui la cucina di un ristorante familiare in cui siamo andati a mangiare il Plov e sotto una portata di ravioli mangiata in un altro ristorante]
3° giorno, sveglia presto e partenza per il deserto del Kyzyl Kum
Non aspettatevi un deserto come quello del Sahara, niente dune alte di sabbia, è piatto e non è neanche arido, per quanto non ci sia mezzo albero ci sono cespugli, ogni tanto si incontrano villaggi e caravanserragli (cosa sono? sono luoghi in cui viaggiatori e commercianti facevano le loro soste durante i loro lunghi viaggi lungo la Via della Seta – la foto qui sotto)
Il viaggio lungo il deserto è stato spezzato da una sosta al lago salato Ayrdakul, un posto incredibile, un lago artificiale in mezzo al deserto. Ditemi se non sembra mare?
Risaliamo sul nostro bus e proseguiamo verso il nostro campo tendato. Questa notte dormiremo in una yurta!
Il deserto, con le sue luci ed i suoi colori, il suo tramonto, il cielo stellato, il silenzio che solo qui puoi quasi toccare ha sempre il suo grande fascino..ed anche dormire dentro ad una yurta è stata una bella esperienza….ne è valsa la pena!
Altra cosa è sicuramente visitare la zona del Lago Aral (uno dei disastri ambientali più grandi mai compiuti dall’uomo,ahimè) ma tutto non si poteva fare ovviamente, magari tornerò in Uzbekistan proprio per andare a visitare quell’area oppure la Valle di Fergana, una valle verdissima che si estende anche in Tagikistan e Kirghizistan, altrettanto affascinante!
Sveglia presto colazione e si riparte…prossima tappa Bukhara.
Usciamo dal deserto, in alcuni punti la strada è fatta di cemento armato e non di asfalto perchè le alte temperature che raggiunge durante l’estate lo scioglierebbe… incontriamo qualche villaggio, qualche gregge – e ci chiediamo come facciano a sopravvivere senza ombra – ed anche una donna da sola in bicicletta… chissà da dove arriva e dove sta andando… arriviamo a Bukhara per pranzo.
Qui la magia continua. La città è più raccolta, intima, con le sue piazze ombreggiate, l’architettura raffinata e quella gentilezza che ci ha accompagnato ovunque. Qui il gruppo – variegato per età e storie – si è davvero amalgamato. Per me, questo è il cuore di ogni viaggio: le persone e i legami che si creano lungo la strada.
Un viaggio in levare, i luoghi si fanno sempre più affascinanti, come anche la loro gente, più li osservo, più ci entro in contatto, e più percepisco di avere a che fare con un popolo che ha molto da dire e da dare.
Sono molto accoglienti, ti sorridono sempre, a volte ti fermano per fare una foto con loro altre se glie la fai tu!
Un curiosità: un tempo avere denti d’oro era sintomo di bellezza e status sociale, oggi tra le nuove generazioni non è più così ma è facilissimo imbattersi ancora in donne, ormai anziane, che sfoggiano con orgoglio, il loro sorriso a 24 carati.
A proposito di donne, sono molto eleganti nei loro abiti fantasia ed il velo in testa. L’Uzbekistan è uno stato laico, a maggioranza di fede islamica, molte donne indossano il velo, vuoi per cultura o per religione, o semplicemente per ripararsi dal caldo. Essendoci molto caldo (ma per nulla umido, vestirsi con abili leggeri e lunghi è l’ideale) sono molto dignitose, ti guardano negli occhi e ti sorridono.
Il caldo si fa sempre più intenso, oltre questo periodo è meglio non andare perchè poi le temperature cominciano ad essere davvero importanti, saltiamo l’estate e ritorniamo a viaggiare da settembre, ma a Bukhara siamo stati fortunati, un venticello ci ha fatto compagnia per tutta la nostra permanenza lì e ci ha permesso di goderci visite e passeggiate.
Ultima tappa del nostro viaggio, Khiva, una perla, una gemma racchiusa da mura di fango e paglia. Camminarci dentro è come fare un salto nel tempo, tra botteghe artigiane e silenzi pieni di storia.
La sveglia per il rientro a casa è stata in piena notte, siamo tornati al punto di partenza, ci siamo salutati in aeroporto, ma invece che presentazioni e strette di mano come alla partenza, ci sono stati “a presto” ed abbracci stretti.
Il viaggio finisce, ma non davvero. Siamo tornati a casa stanchi, sì, ma arricchiti. Perché, come dico sempre:
“Se torni a casa riposato, non hai viaggiato… sei solo stato in vacanza.”
Al prossimo viaggio, con il cuore aperto e lo zaino pronto.